venerdì 28 dicembre 2012

“Il Seggio Vacante” di J.K.Rowling visto da pagina 172 – Una recensione particolare


A chi la visitasse per la prima volta, Pagford apparirebbe come un’idilliaca cittadina inglese. Un gioiello incastonato tra verdi colline, con un’antica abbazia, una piazza lastricata di ciottoli, case eleganti e prati ordinatamente falciati. Ma sotto lo smalto perfetto di questo villaggio di provincia si nascondono ipocrisia, rancori e tradimenti. Tutti a Pagford, dietro le tende ben tirate delle loro case, sembrano aver intrapreso una guerra personale e universale: figli contro genitori, mogli contro mariti, benestanti contro emarginati. La morte di Barry Fairbrother, il consigliere più amato e odiato della città, porta alla luce il vero cuore di Pagford e dei suoi abitanti: la lotta per il suo posto all'interno dell’amministrazione locale è un terremoto che sbriciola le fondamenta, che rimescola divisioni e alleanze. Eppure, dalla crisi totale, dalla distruzione di certezze e valori, ecco emergere una verità spiazzante, ironica, purificatrice: che la vita è imprevedibile e spietata, e affrontarla con coraggio è l’unico modo per non farsi travolgere, oltre che dalle sue tragedie, anche dal ridicolo. J.K. Rowling firma un romanzo forte e disarmante sulla società contemporanea, una commedia aspra e commovente sulla nozione di impegno e responsabilità. In questo libro di conflitti generazionali e riscatti le trame si intrecciano in modo magistrale e i personaggi rimangono impressi come un marchio a fuoco. Farà arrabbiare, farà piangere, farà ridere, ma non si potrà distoglierne lo sguardo, perché Pagford, con tutte le sue contraddizioni e le sue bassezze, è una realtà così vicina, così conosciuta, da non lasciare nessuno indifferente. 




Lo so, lo so: un libro non si giudica dalla copertina.

Ma io non sono alla copertina, sono a pagina 172 e sto fremendo dal desiderio di scrivere questa recensione. Scusate se potrebbe sembrarvi un po’ confusa e sconclusionata: mi trattengo a malapena dal non scrivere una recensione composta di: “asfrehfjdsiuofdhbewgdsfmb *-*” eccetera eccetera.

Prima che questo libro facesse finalmente la sua comparsa nelle librerie, molti si erano domandati se la Rowling sarebbe stata all'altezza del suo Harry Potter, oppure il suo primo libro per adulti sarebbe stato un fiasco totale. Io, personalmente, non ho mai nutrito dubbi su di lei per un semplice motivo: la Rowling è una scrittrice milionaria, è più ricca della Regina, potrebbe ritirarsi in un’isoletta paradisiaca e vivere così per sempre. Non è una di quelle autrici giovani e di poco successo che hanno bisogno di scrivere continuamente qualcosa di nuovo per non cadere nel dimenticatoio, lei non ha bisogno di pubblicare libri scadenti per vendere qualcosina in più.  Ergo, se ha scritto un altro libro, doveva avere proprio un’idea geniale!
Devo dire di non essere per nulla rimasta delusa.

Sorvolando sulla sua scrittura sublime, cosa già appurata ai tempi di HP, la Rowling mette ancora meglio in luce le sue grandissime qualità di narratrice e scatena la sua fantasia in una cosa banalissima, una votazione per un posto nel Consiglio del paese.

L’autrice crea un universo perfetto, colmo di personaggi che, dietro la facciata di tranquilli abitanti di una cittadina di campagna, sono persone deboli, piene di piccole e grandi meschinità.
La Rowling “smaschera” queste persone, creando un conflitto incredibile e inducendoti a calarti nei panni di tutti i personaggi. Ti trovi a passare dal padre deluso e preoccupato al figlio frustrato e arrabbiato, alla donna opportunista alla sua amica che si culla nei difetti dell’altra, fra una dottoressa distrutta dalla morte del suo amato amico e un macellaio felice perché gli si è presentata l’occasione di eliminare i Fields, un piccolo quartiere malfamato che rovina il dolce paesaggio inglese.

Insomma, J.K.Rowling dimostra di saper gestire alla perfezione un universo vasto (credo di essere riuscita a contare una quindicina di punti di vista, fino ad ora), non lo banalizza affatto, anzi, e rende ogni suo personaggio una creatura a tutto tondo, sfaccettata e irripetibile.

Lasciatemi poi spendere un’ultima parola sulla splendida campagna inglese descritta nel romanzo, vista per certi aspetti come un vanto, per altri come una prigione che allontana dal mondo.

Fino ad ora, massimo punteggio! 5 stelline meritatissime, sperando che il resto del romanzo non crolli.
Peccato per il prezzo: 20 euro è un prezzo abbastanza proibitivo, purtroppo.


giovedì 20 dicembre 2012

Recensione "Il gioco proibito- La casa degli orrori" di Lisa Jane Smith


Alla ricerca del regalo perfetto per il suo ragazzo, Jenny Thornton si imbatte in uno strano, inquietante negozio di giochi. Dietro al bancone, un ragazzo ancora più strano, con i capelli argento e gli occhi di un blu elettrico, vende antichi giochi in scatola, amuleti, strani artefatti. Si chiama Julian, e a Jenny consiglia proprio di acquistare uno di quei giochi in scatola molto particolari. La confezione è completamente bianca, non ci sono scritte né immagini. Le regole sono molto semplici: ogni partecipante deve scrivere la sua più grande paura e disegnare con dei pennarelli una grande casa vittoriana, il regno dell’Uomo Ombra. Jenny è misteriosamente attratta dalla sfida e organizza subito una partita insieme ai suoi più cari amici. Ma il gioco si trasforma in realtà, e la casa diventa vera. In ogni camera si annida un incubo, e nelle stanze prendono forma le paure più oscure dei ragazzi, che si ritrovano a vagare per i suoi tortuosi corridoi, fino a precipitare nell’inferno che ribolle nelle loro menti. La partita è iniziata, e la posta in palio è la vita di Jenny.



Ho appena finito di leggere “Il Gioco Proibito- La Casa Degli Orrori” di Lisa Jane Smith.
Con questo libro sono partita con il piede sbagliato sin dall’ inizio, da quando ho scoperto che la Smith è l’autrice della (peraltro lunghissima) serie dei “Diari del Vampiro”, che personalmente non sopporto. Un altro elemento che certo non mi ha reso il libri più simpatico è stata la copertina morbida, probabilmente più adatta a un libro per ragazzini di undici anni.

Il primo capitolo è un ammasso di cliché senza paragoni: la dolce&bella fanciulla si trova in un vicolo buio sola soletta ed è inseguita da due mascalzoni…ed ecco che l’intrepida eroina trova una porta e entra in uno strano negozio dove incontra un bellissimo e spaventoso ragazzo. Scommetto che una situazione del genere vi suonerà NUO-VIS-SI-MA!
Il libro si riprende verso il terzo capitolo, che è riuscito a regalarmi dei brividi di inquietudine, e non è cosa da poco. Si racconta di Jenny che, per festeggiare il compleanno del suo fidanzato, ha comprato un gioco in un bizzarro negozio di scherzi. Il giochetto consiste nel costruire una casa a più piani con la carta e posizionare delle trappole, gli incubi di ciascuno degli amici di Jenny e le pedine. Ben presto, il gioco si rivelerà essere spaventosamente reale e i 7 ragazzi si ritroveranno catapultati in una realtà alternativa, in una gigantesca casa dei fantasmi, cercando di arrivare in cima prima dell’alba.

In “Il gioco proibito”, i tutti i protagonisti devono affrontare i loro incubi peggiori. E’ qualcosa di già sentito, questo, ma sempre molto affascinante. Peccato che gli incubi siano delle specie di barzellette: gli alieni; gli elfi (?) della Foresta Nera, in Germania; le piante che ti crescono addosso (?) e topi.
Solo uno di questi cretini spaventosi incubi mi è piaciuto: quello della stanza disordinata di Summer, a cui la nonna aveva detto da piccola che se non avesse fatto ordine sarebbero nati i vermi nella stanza. Da brivido.

Tutto il resto avrebbe potuto risultare interessante, se tutto non avesse assunto i tono di una “lista di cose da fare”, ovvero: Jenny parte sola soletta, incontra una delle amiche, risolvono l’incubo, incontrano un’altra, risolvono il suo. Si dividono e vanno a cercare un altro ragazzo perché ora tocca a lui sconfiggere l’incubo, risolvono e  vanno avanti.

Insomma, tutto assume i toni di un giochetto dell’oca scontato e banale. Niente suspance, niente sorprese, per non parlare del “tremendo” incubo di Jenny, ovvero quello che aspettavamo dal primo istante del libro: questo è che…-rullo di tamburi- “Suo nonno era uno stregone!” OMMIODDIO!!!!

Ironia a parte, se vi va di leggerlo, leggetelo, ma non aspettatevi nulla di più di un librettino da ragazzini.
Forse lo apprezzeranno quelli che hanno meno di undici anni.


lunedì 3 dicembre 2012

Recensione "Come si scrive ti amo" di David Levithan e Rachel Cohn

"Qui dentro troverai alcuni indizi. Se ti interessano gira pagina. Se no ti prego di rimettere il taccuino sullo scaffale".
Dash è un ragazzo scontroso e solitario che alla compagnia delle persone preferisce quella dei libri. Tra gli scaffali della sua libreria preferita trova una moleskine rossa, lasciata da una misteriosa ragazza che gli lancia una sfida.

Lily si prepara ad affrontare il Natale più triste della sua vita. Per distrarsi un po', scrive alcuni indizi sulla sua agendina rossa e la lascia tra gli scaffali di una libreria, sperando che a trovarla sia il ragazzo giusto.









Piccola premessa per chi non avesse ancora letto questo libro: se lo avete comprato/volete comprarlo perché vi piace il titolo, rinunciate.
Lo dico senza cattiveria, senza astio: rinunciate perché, con l'amore, questo libro non c'entra niente. E non è una critica. Nell'originale inglese era un ben più efficace "Dash & Lily's book of dares" ovvero un semplice e per nulla intraducibile "Il libro delle sfide di Dash e Lily". 

Ammetto che non è il massimo, ma sarebbe risultato sicuramente molto meno mieloso e più aderente alla trama del libro.

Il volume è basato su una contrapposizione fra i capitoli narrati dal punto di vista di Dash, scontroso, ben poco natalizio, bibliofilo orgoglioso e, se così si può definire, molto "nerd" e quelli del suo opposto Lily, una ragazza dei quartieri alti di New York con una famiglia iperprotettiva che non le ha mai consentito di crescere e di vivere le esperienze tipiche di un'adolescente.

La straordinaria bellezza di questo romanzo è la sua delicatezza: in un'atmosfera natalizia deliziosa, due ragazzi si conoscono, si temono e si desiderano senza conoscersi. Così, le paure adolescenziali si mischiano a ricordi, a libri e film amati e odiati, a sogni, idee, confessioni e poesie, creando un'ingorgo straordinariamente tenero.

Un'altra freccia che voglio spezzare a favore di questo romanzo è per gli autori. Gli adolescenti sono difficili da raccontare, lo sanno tutti. Qualcuno (vedi Moccia) crede di poterli identificare con la trasgressione, ovvero "Sei un adolescente, questo deve voler dire che sei un ragazzino superficiale interessato solo al sesso occasionale, alle droghe leggere e a mentire ai tuoi genitori".
Qualcuno ci prova con risultati buoni, ma, davvero, non avevo mai letto nessuno più immedesimato negli adolescenti di David Levithan ( e di Rachel Cohn, anche se tendo a dimenticarla perché è leggermente inferiore a lui come bravura).
David Levithan fa parlare i suoi personaggi come farebbe qualsiasi ragazzo, alternando discorsi con un certo spessore psicologico a battute, sogni ad occhi aperti e la giusta dose di parolacce (è vero che gli adolescenti le dicono, ma non le usano mica come intercalare nei discorsi!).

Insomma: un libro consigliatissimo, 4 stelline molto meritate per un volumetto che vi ammorbidirà il cuore e, forse, vi farà venir voglia di nascondere un taccuino sugli scaffali di una libreria. Chissà...